26 February 2009

Tutte le maschere di cui porto il segno


Sono acqua e sono sete.

Ma la mia fonte, la cerco comunque in voi.

Lost in Canada



L'inverno canadese è simile a quei fine settimana sospesi e casalinghi .
Le finestre si trasformano nei tuoi occhi.

Le code degli scoiattoli che saltellano sul balcone nelle tue appendici esterne.


E ti ritrovi bambino, imprigionato in casa,

perché i tuoi genitori hanno deciso di poltrire, di chiudersi alla vita,

o forse solo di abbandonarsi, per dimenticare un lavoro che porta denaro ed impotenza.


E tu, annoiato ma speranzoso che la vicina suoni alla porta

o che passi un venditore di enciclopedie o un prete desideroso di benedire i tuoi pensieri,

sai che in realtà le tue attese saranno deluse.


Ecco, l'inverno canadese mi lascia inutile,

in attesa che tutto finisca presto

o che uno sconosciuto mi urti per strada e per scusarsi mi offra una birra al bar.


Ma no, le persone durante l'inverno canadese tengono gli occhi bassi

e sono talmente rispettose delle precedenze nei sentieri tracciati nella neve,
che il caso si arrende e li lascia fare.

E lo scintillio dei fiocchi appena caduti mi abbaglia

e mi fa credere di essere su una duna a 40 gradi Celsius,

mentre il cuore muore, soffocato da infiniti strati di osservanza e democrazia.


I'm lost in Canada.

23 February 2009

Everybody owns me


Metto in ordine qualche pensiero lasciato orfano di un proprio spazio
in quest'ultimo anno speso tra Roma e Montreal.

1.

Ora in patria straniera
affondo le unghie nella terra bagnata.

Trovo un cordone ombelicale
ancora pulsante di presenti ricordati.

Gli chiedo cosa sarebbe stato se.

Mi indica il vicolo in cui vivrei senza perché.


2.

Perché il tuo pensiero mi permetta di sibilare.


E sibilo.
Sibilo ancora.


Perché la rissa diventi duello.
E l'eleganza dell'espressione vinca i volgari tormenti del mio animo.

3.

In quante vite si può dimostrare di essere degni?

Credo fermamente di averne una.
Non c'è riscatto, né rinascita,
né possibilità alcuna di premere "Start again".

è questa la vera penitenza:
allontanare la vita,
convincendosi che qualcos'altro giungerà.

E rimanere freddi e morti nell'attesa.

20 February 2009

Mi stanno grattuggiando il cielo
















Ricordo
i momenti d'incontinenza fotografica
per fermare ogni passaggio di spensieratezza.
Tanto che ora mi dico che tutto ciò è perso
e non lo riabbraccerò più.
Ma ho almeno immagini in cui sprofondare
e vissuti da immaginare.

Ora, invece, vado in giro con gli occhi chiusi e le unghie mangiate

perché anche il respiro mi fa venire fame.
Di gente che mi guarda e mi tocca.
Di occhi che s'intrecciano senza chiedersi scusa.

L'allontanamento, certo, ti regala l'anonimato.
E quella soglia elettrizzante tra essere tutto ed essere niente
mi spinge nella folla senza nome
per mettermi in fila per uno in attesa dell'autobus.

Chiudo ormai ogni orifizio
per non ricevere, né dare.
Tengo stretto il sapore del sale incrostato nei capelli
perché è l'unico che mi restituisce dignità.

Mi stanno grattugiando tutto il cielo, questi maledetti.
Cade giù giorno dopo giorno.
Vogliono finirlo, rubarmelo fino all'ultimo pezzetto,
che si deposita mortificato in terra.

Ed io, vigliacca, non ho fatto nulla per salvarlo.
Anzi, fingendo di non riconoscerlo,
ci cammino sopra con noncuranza
per convincermi che io qui, ci sono nata.